« L'equivoco su cui spesso si gioca è questo: si dice quel politico era vicino ad un mafioso, quel politico è stato accusato di avere interessi convergenti con le organizzazioni mafiose, però la magistratura non lo ha condannato, quindi quel politico è un uomo onesto. E NO! questo discorso non va, perché la magistratura può fare soltanto un accertamento di carattere giudiziale, può dire: beh! Ci sono sospetti, ci sono sospetti anche gravi, ma io non ho la certezza giuridica, giudiziaria che mi consente di dire quest'uomo è mafioso. Però, siccome dalle indagini sono emersi tanti fatti del genere, altri organi, altri poteri, cioè i politici, le organizzazioni disciplinari delle varie amministrazioni, i consigli comunali o quello che sia, dovevano trarre le dovute conseguenze da certe vicinanze tra politici e mafiosi che non costituivano reato ma rendevano comunque il politico inaffidabile nella gestione della cosa pubblica. Questi giudizi non sono stati tratti perché ci si è nascosti dietro lo schermo della sentenza: questo tizio non è mai stato condannato, quindi è un uomo onesto. Ma dimmi un poco, ma tu non ne conosci di gente che è disonesta, che non è stata mai condannata perché non ci sono le prove per condannarla, però c’è il grosso sospetto che dovrebbe, quantomeno, indurre soprattutto i partiti politici a fare grossa pulizia, non soltanto essere onesti, ma apparire onesti, facendo pulizia al loro interno di tutti coloro che sono raggiunti comunque da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reati. » | |
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martedì 19 luglio 2011
Quando ricevo lo stipendio, faccio l'esame di coscienza e mi chiedo se me lo sono guadagnato.
lunedì 18 luglio 2011
domenica 10 luglio 2011
mercoledì 6 luglio 2011
Rolling Stone su De Andrè: "Ma basta con la beatificazione"
L'autorevole rivista di musica rimette in discussione la figura del musicista genovese: "La leggenda del cantante-santo non gli sarebbe piaciuta neppure a lui". La moglie, Dori Ghezzi, scherzando dice: "Era sicuramente più cazzaro che santo"
"La leggenda del santo cantautore non sarebbe piaciuta nemmeno a lui". Eppure, dopo la sua morte, avvenuta nel '99, ciò di cui Fabrizio De Andrè è stato fatto oggetto è una "beatificazione a senso unico. Che riscrive la storia, pure. Perchè lui, in realtà, fu assai più ambiguo e confuso, culturalmente, di come lo tramandano i suoi cantori postumi". Lo scrive la rivista 'Rolling Stone' che, dedicandogli la copertina, ricostruisce storicamente i tempi in cui ha vissuto Fabrizio De Andrè e analizza come lo trattarono i media del tempo, riflette su come la "tv della canonizzazione" abbia trasformato De Andrè post mortem e fotografa la villa in in Sardegna dove fu rapito nel 1979.
'Rolling Stone' incontra i protagonisti che hanno vissuto a fianco di De Andrè: Paolo Villaggio, Mauro Pagani, Massimo Bubola e naturalmente la moglie, Dori Ghezzi, che scherzando dice: "Era sicuramente più cazzaro che santo". Ed è la stessa Dori a raccontare: "Oggi sono l'archivio storico di un fatto culturale e musicale importante che non appartiene direttamente a me. E a volte sento un senso di rigetto per questo ruolo, non mi sento portata. Più che fare la testimonial, amo occuparmi di progetti concreti, far nascere delle cose. Se mi presto è perchè mi rendo conto che mi tocca, e che questo porta a realizzare cose buone. Ma vorrei defilarmi".
Alla domanda su cosa gli rimproverasse, Dori Ghezzi precisa: "Cosa gli perdonavo, vorrai dire! Il farsi del male. Non faceva male agli altri, ne faceva a se stesso. Specie quando beveva troppo. Aveva momenti di rabbia non controllata perchè non era più lui. Dopo vari tentativi di smettere, ricevette la spinta decisiva dal padre, che glielo chiese dal letto di morte. A volte vorrei che gli avesse anche chiesto di smettere di fumare".